Il contributo fornito in qualità di relatore alle Giornate di studio sull’innovazione tecnologica svolte presso la Facoltà di Architettura di Ascoli Piceno nel giugno 1998, fa il punto sul ruolo e le potenzialità delle discipline tecnologiche nella didattica delle facoltà di architettura. A partire dalla considerazione emersa dal dibattito che il progetto debba intendersi come atto culturale globale, il candidato si schiera a favore di una didattica che non si limiti a fare pura formazione tecnica, ma che educhi a ragionare sul senso del fare e sul come poter fare che attengono più specificamente al momento dell’invenzione nell’atto del passaggio dalla fase teorica a quella pratica. Educare quindi a cogliere l’immateriale, l’invisibile che sono nelle cose e fornire gli strumenti perché quanto percepito possa assumere consistenza materica e forma. Si sottolinea che per poter fare questo occorre saper pensare in termini materiali, cosa di cui sono spesso carenti i percorsi formativi delle facoltà di architettura. Occorre far sperimentare direttamente allo studente come si possa concretizzare un’idea nel pieno controllo dei procedimenti e dei mezzi, che non avviene se ci si limita a fare quello che correntemente si definisce progetto tecnologico. Limitarsi a questo, significa operare scissioni di campo dannose in chi deve apprendere. Nell’ottica di un progetto di architettura senza aggettivazioni, dotare di senso un prodotto della mente è renderlo rappresentativo del tempo nel quale lo stesso viene ad essere concepito. A tale scopi si riconosce alla cultura tecnologica la capacità di saper leggere la contemporaneità, di saperne cogliere i paradigmi della nuova progettualità e le si richiede di sviluppare una didattica che sia in grado di trasferire i paradigmi individuati, nella materialità di un ambiente costruito culturalmente identificabile.
Innovazione tecnologica e progetto di architettura. Lo stato dell'arte della ricerca
FALASCA, Carmine
1999-01-01
Abstract
Il contributo fornito in qualità di relatore alle Giornate di studio sull’innovazione tecnologica svolte presso la Facoltà di Architettura di Ascoli Piceno nel giugno 1998, fa il punto sul ruolo e le potenzialità delle discipline tecnologiche nella didattica delle facoltà di architettura. A partire dalla considerazione emersa dal dibattito che il progetto debba intendersi come atto culturale globale, il candidato si schiera a favore di una didattica che non si limiti a fare pura formazione tecnica, ma che educhi a ragionare sul senso del fare e sul come poter fare che attengono più specificamente al momento dell’invenzione nell’atto del passaggio dalla fase teorica a quella pratica. Educare quindi a cogliere l’immateriale, l’invisibile che sono nelle cose e fornire gli strumenti perché quanto percepito possa assumere consistenza materica e forma. Si sottolinea che per poter fare questo occorre saper pensare in termini materiali, cosa di cui sono spesso carenti i percorsi formativi delle facoltà di architettura. Occorre far sperimentare direttamente allo studente come si possa concretizzare un’idea nel pieno controllo dei procedimenti e dei mezzi, che non avviene se ci si limita a fare quello che correntemente si definisce progetto tecnologico. Limitarsi a questo, significa operare scissioni di campo dannose in chi deve apprendere. Nell’ottica di un progetto di architettura senza aggettivazioni, dotare di senso un prodotto della mente è renderlo rappresentativo del tempo nel quale lo stesso viene ad essere concepito. A tale scopi si riconosce alla cultura tecnologica la capacità di saper leggere la contemporaneità, di saperne cogliere i paradigmi della nuova progettualità e le si richiede di sviluppare una didattica che sia in grado di trasferire i paradigmi individuati, nella materialità di un ambiente costruito culturalmente identificabile.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.