Con il crollo del fascismo e la drammatica conclusione della seconda guerra mondiale, che vide Pescara duramente bombardata, la memoria di Gabriele d’Annunzio conobbe un inevitabile declino, almeno a livello nazionale. In tutta Italia, i progetti per il monumento da erigersi al poeta vennero comprensibilmente accantonati, ma non nella sua città natale, dove venne bandito un concorso di idee per la realizzazione di un teatro all’aperto, sul modello di quelli antichi. Il concorso pescarese costituì uno spaccato interessante della ricerca architettonica contemporanea, anche se fra tutti, il progetto vincitore degli architetti Mariano Pallottini, Antonio Cataldi Madonna e Filippo Marinucci risulta il più prevedibile: forse recependo gli spunti presenti nelle messinscene all’aperto dello stesso Vate, proponeva infatti una cavea a quarto di cerchio ricavata nel terreno, con una balconata sopraelevata su telai binati, in cui «si daranno tragedie nelle quali all’assoluta modernità della ispirazione si congiunga una purezza di forma non indegna dei tempi di Atene». Il contributo ricostruisce su inedita base filologica la lunga vicenda che ha portato alla realizzazione del monumento a d’Annunzio negli anni Cinquanta, ma che è vittima di una condizione di marginalità e degrado, esito di un mancato riconoscimento da parte della cittadinanza e delle istituzioni.

Una iniziativa nata morta. Il teatro “rudere” dedicato a Gabriele d’Annunzio dalla realizzazione alla conservazione

verazzo, clara
2020-01-01

Abstract

Con il crollo del fascismo e la drammatica conclusione della seconda guerra mondiale, che vide Pescara duramente bombardata, la memoria di Gabriele d’Annunzio conobbe un inevitabile declino, almeno a livello nazionale. In tutta Italia, i progetti per il monumento da erigersi al poeta vennero comprensibilmente accantonati, ma non nella sua città natale, dove venne bandito un concorso di idee per la realizzazione di un teatro all’aperto, sul modello di quelli antichi. Il concorso pescarese costituì uno spaccato interessante della ricerca architettonica contemporanea, anche se fra tutti, il progetto vincitore degli architetti Mariano Pallottini, Antonio Cataldi Madonna e Filippo Marinucci risulta il più prevedibile: forse recependo gli spunti presenti nelle messinscene all’aperto dello stesso Vate, proponeva infatti una cavea a quarto di cerchio ricavata nel terreno, con una balconata sopraelevata su telai binati, in cui «si daranno tragedie nelle quali all’assoluta modernità della ispirazione si congiunga una purezza di forma non indegna dei tempi di Atene». Il contributo ricostruisce su inedita base filologica la lunga vicenda che ha portato alla realizzazione del monumento a d’Annunzio negli anni Cinquanta, ma che è vittima di una condizione di marginalità e degrado, esito di un mancato riconoscimento da parte della cittadinanza e delle istituzioni.
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