Alberto M. Cirese era da un lato logico e universalista, dall’altro molto presente sul terreno: dialogava con le realtà locali, cercando poi di interpretare i documenti e di produrli in modo corretto e adeguato. Cinquant’anni dopo la pubblicazione di Cultura egemonica e culture subalterne (1971), l'autrice oggi ripensa a come, a partire dalle intuizioni ed elaborazioni del noto antropologo, si sia arricchita, in questo lasso di tempo, la nozione di “tradizione” negli studi folklorici, etnologici e antropologici italiani, e ripensa a ciò partendo da un incontro avuto col Cirese trent'anni fa.

Teorizzare, ma coi piedi per terra

Lia Giancristofaro
2021-01-01

Abstract

Alberto M. Cirese era da un lato logico e universalista, dall’altro molto presente sul terreno: dialogava con le realtà locali, cercando poi di interpretare i documenti e di produrli in modo corretto e adeguato. Cinquant’anni dopo la pubblicazione di Cultura egemonica e culture subalterne (1971), l'autrice oggi ripensa a come, a partire dalle intuizioni ed elaborazioni del noto antropologo, si sia arricchita, in questo lasso di tempo, la nozione di “tradizione” negli studi folklorici, etnologici e antropologici italiani, e ripensa a ciò partendo da un incontro avuto col Cirese trent'anni fa.
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