Il presente lavoro si propone di verificare se il self-preferencing praticato dalle imprese digitali possa costituire o meno un illecito anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 102 TFUE. Per tale ragione, prendendo spunto dal caso Google Shopping si tenterà di comprendere quali siano state le ragioni che hanno consentito alla Commissione Europea di ritenere il self-preferencing, un comportamento illecito. Nel fare ciò, si terranno presenti i concetti di “leveraging” ed “equal treatment”. Se da un lato l’istruttoria italiana dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nei confronti di Amazon riconduce il trattamento preferenziale nell’alveo delle pratiche discriminatorie, dall’altro quella analoga avviata negli Stati Uniti innanzi alla Federal Trade Commission, la ritiene una pratica legante. Tuttavia, prescindendo dal corretto inquadramento giudirico della condotta, pare ormai incontestabile dubitare della sua illiceità, così come prova l’articolo 6, lett. d) della proposta di Regolamento Europeo nota come “Digital Markets Act” (DMA).

Il self-preferencing come illecito antitrust?

Anna Licastro
2021-01-01

Abstract

Il presente lavoro si propone di verificare se il self-preferencing praticato dalle imprese digitali possa costituire o meno un illecito anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 102 TFUE. Per tale ragione, prendendo spunto dal caso Google Shopping si tenterà di comprendere quali siano state le ragioni che hanno consentito alla Commissione Europea di ritenere il self-preferencing, un comportamento illecito. Nel fare ciò, si terranno presenti i concetti di “leveraging” ed “equal treatment”. Se da un lato l’istruttoria italiana dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nei confronti di Amazon riconduce il trattamento preferenziale nell’alveo delle pratiche discriminatorie, dall’altro quella analoga avviata negli Stati Uniti innanzi alla Federal Trade Commission, la ritiene una pratica legante. Tuttavia, prescindendo dal corretto inquadramento giudirico della condotta, pare ormai incontestabile dubitare della sua illiceità, così come prova l’articolo 6, lett. d) della proposta di Regolamento Europeo nota come “Digital Markets Act” (DMA).
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