La società nella quale viviamo è stata grandemente influenzata dal prorompente avvento dei processi di globalizzazione e digitalizzazione, che hanno prodotto profondi e drastici mutamenti in ogni singolo ambi-to dell’attività umana. Si pensi a quali cambiamenti tecnologici e sociali ha comportato la nascita – negli anni ’90 del XX secolo – della “rete delle reti”, ovvero Internet. Essa è ormai stabilmente parte della nostra vita quotidiana, ci consente – grazie ai nuovi dispositivi mobili intelli-genti (tablet, smartphone, smartwatch) – di essere costantemente con-nessi, di comunicare tramite applicazioni di istant messagging e di co-struire reti sociali e comunità virtuali (tramite i social network, i blog, i forum). A tale proposito, Castells (2014, p. 67) afferma che «attraverso la rivoluzione digitale viene creato un universo di conoscenze e di emo-zioni condivise che non può non avere ricadute sul mondo vitale degli utenti e di chi quotidianamente instaura con loro un rapporto di vici-nanza reale o virtuale». Nello spazio virtuale, un numero sempre mag-giore di individui condivide riflessioni, umori, particolari momenti della propria giornata lavorativa o ricreativa. In quest’ottica, lo spazio virtua-le costituisce un vero e proprio cambio di prospettiva, più che un sem-plice “fatto tecnologico” (Colombo, 2013). La frequentazione dell’on-line sembra rispondere all’esigenza degli internauti di entrare, in manie-ra più semplice, rapida e anonima, in contatto con un numero vasto di persone senza alcun timore legato al proprio aspetto, al credo religioso o ideologico o alla propria condizione economica. L’avvento della In-formation Communication Technology (ICT) e la rivoluzione digitale hanno modificato le modalità di comunicazione e ridefinito le dinami-che di interazione relazionale. Tuttavia, quelli che consideriamo fattori positivi della rivoluzione digitale possono anche rappresentare degli elementi di vulnerabilità. Le nuove tendenze all’utilizzo di massa della rete possono infatti stimolare una sorta di narcisismo «che chiude la persona nella propria autorefe-renzialità, privandola di conseguenza della capacità di costruire relazio-ni fondate sull’autentico riconoscimento di alter e di pensare e agire in ottica progettuale» (Cesareo, Vaccarini 2013: 10). In un certo senso l’‘io online’ diventa in qualche modo quello che per Lasch rappresenta l’ ‘io minimo’, vale a dire «un io incerto dei propri contorni, che aspira a riprodurre il mondo a sua immagine o a fondersi con esso in felice comunione. La preoccupazione oggi così diffusa per 1’‘identità’ rivela in parte questa difficoltà nel definire i confini dell’individualità» (La-sch, 2010, p. 10). Quello che, per giovani e meno giovani, oggi sembra contare mag-giormente è avere un ruolo in quella che viene definita “l’era dell’accesso” (cfr. Rifkin, 2001), che si sostanzia in un utilizzo costante dei vari social media e che, spesso, produce una sovraesposizione degli utenti, prestando il fianco a potenziali – e talvolta inevitabili – forme di attacco. Infatti, se da un lato è agevole apprezzare i numerosi vantaggi insiti in una rivoluzione di tale portata – tra cui una estensione dello spazio di azione e di libertà dell’individuo e l’accelerazione dei processi di diffu-sione della cultura – dall’altro è meno immediato prendere coscienza delle insidie che possono nascondersi in essa. Generalmente, le nuove tecnologie rappresentano una risorsa indiscutibilmente positiva per lo svolgimento di ormai quasi tutte le attività del quotidiano, ma quando vengono impiegate per offendere o recare un danno diventano delle ar-mi micidiali. Difatti, se è vero che il web si è rapidamente imposto co-me mezzo di comunicazione imprescindibile, è vero anche che esso è finito per divenire il teatro ideale di condotte devianti e criminali. Le indiscusse potenzialità insite in questi nuovi mezzi non devono far dimenticare come possano esistere eventualità altamente dannose, spesso legate ad un loro uso distorto ed inconsapevole. Difatti, l’evoluzione tecnico-scientifica ha concorso ad amplificare i delitti lega-ti all’utilizzo delle nuove tecnologie, a dimostrazione del fatto che il crimine riesce ad adattarsi – nelle forme e nei contenuti – al mutamento sociale: in tal senso, la rivoluzione digitale ha finito col rappresentare anche una sorta di rivoluzione criminale (cfr. Lorusso, 2011, p. 15). La facilità di accesso e l’assenza iniziale di un controllo delle reti hanno indotto anche i soggetti semplicemente devianti ad un utilizzo illecito del mezzo informatico, agevolando in questo modo il passaggio dalla devianza alla criminalità vera e propria (cfr. De Vivo, Ricci, 2012, p. 26). Tali variabili contribuiscono, infatti, grandemente a ridurre la per-cezione del rischio di essere identificati e puniti (deterrenza della pena), producendo una conseguente riduzione dell’inibizione rispetto alla rea-lizzazione di condotte illecite (cfr. Bravo, 2006). Il nuovo spazio virtuale (cyberspace) possiede determinate caratteri-stiche che il criminale può sfruttare per una buona riuscita del proprio progetto delittuoso. Le principali riguardano l’anonimato, il carattere volatile e dematerializzato – e quindi più vulnerabile – delle informa-zioni e la dimensione globale dei comportamenti perpetrati nella Rete. È in questo modo che l’economicità, la facilità d’accesso e l’anonimato trasformano il cyberspazio in un polo d’attrazione per l’agire deviante (cfr. Merschman, 2001).

Vittime del web: le insidie della rete

Andrea Antonilli
2021-01-01

Abstract

La società nella quale viviamo è stata grandemente influenzata dal prorompente avvento dei processi di globalizzazione e digitalizzazione, che hanno prodotto profondi e drastici mutamenti in ogni singolo ambi-to dell’attività umana. Si pensi a quali cambiamenti tecnologici e sociali ha comportato la nascita – negli anni ’90 del XX secolo – della “rete delle reti”, ovvero Internet. Essa è ormai stabilmente parte della nostra vita quotidiana, ci consente – grazie ai nuovi dispositivi mobili intelli-genti (tablet, smartphone, smartwatch) – di essere costantemente con-nessi, di comunicare tramite applicazioni di istant messagging e di co-struire reti sociali e comunità virtuali (tramite i social network, i blog, i forum). A tale proposito, Castells (2014, p. 67) afferma che «attraverso la rivoluzione digitale viene creato un universo di conoscenze e di emo-zioni condivise che non può non avere ricadute sul mondo vitale degli utenti e di chi quotidianamente instaura con loro un rapporto di vici-nanza reale o virtuale». Nello spazio virtuale, un numero sempre mag-giore di individui condivide riflessioni, umori, particolari momenti della propria giornata lavorativa o ricreativa. In quest’ottica, lo spazio virtua-le costituisce un vero e proprio cambio di prospettiva, più che un sem-plice “fatto tecnologico” (Colombo, 2013). La frequentazione dell’on-line sembra rispondere all’esigenza degli internauti di entrare, in manie-ra più semplice, rapida e anonima, in contatto con un numero vasto di persone senza alcun timore legato al proprio aspetto, al credo religioso o ideologico o alla propria condizione economica. L’avvento della In-formation Communication Technology (ICT) e la rivoluzione digitale hanno modificato le modalità di comunicazione e ridefinito le dinami-che di interazione relazionale. Tuttavia, quelli che consideriamo fattori positivi della rivoluzione digitale possono anche rappresentare degli elementi di vulnerabilità. Le nuove tendenze all’utilizzo di massa della rete possono infatti stimolare una sorta di narcisismo «che chiude la persona nella propria autorefe-renzialità, privandola di conseguenza della capacità di costruire relazio-ni fondate sull’autentico riconoscimento di alter e di pensare e agire in ottica progettuale» (Cesareo, Vaccarini 2013: 10). In un certo senso l’‘io online’ diventa in qualche modo quello che per Lasch rappresenta l’ ‘io minimo’, vale a dire «un io incerto dei propri contorni, che aspira a riprodurre il mondo a sua immagine o a fondersi con esso in felice comunione. La preoccupazione oggi così diffusa per 1’‘identità’ rivela in parte questa difficoltà nel definire i confini dell’individualità» (La-sch, 2010, p. 10). Quello che, per giovani e meno giovani, oggi sembra contare mag-giormente è avere un ruolo in quella che viene definita “l’era dell’accesso” (cfr. Rifkin, 2001), che si sostanzia in un utilizzo costante dei vari social media e che, spesso, produce una sovraesposizione degli utenti, prestando il fianco a potenziali – e talvolta inevitabili – forme di attacco. Infatti, se da un lato è agevole apprezzare i numerosi vantaggi insiti in una rivoluzione di tale portata – tra cui una estensione dello spazio di azione e di libertà dell’individuo e l’accelerazione dei processi di diffu-sione della cultura – dall’altro è meno immediato prendere coscienza delle insidie che possono nascondersi in essa. Generalmente, le nuove tecnologie rappresentano una risorsa indiscutibilmente positiva per lo svolgimento di ormai quasi tutte le attività del quotidiano, ma quando vengono impiegate per offendere o recare un danno diventano delle ar-mi micidiali. Difatti, se è vero che il web si è rapidamente imposto co-me mezzo di comunicazione imprescindibile, è vero anche che esso è finito per divenire il teatro ideale di condotte devianti e criminali. Le indiscusse potenzialità insite in questi nuovi mezzi non devono far dimenticare come possano esistere eventualità altamente dannose, spesso legate ad un loro uso distorto ed inconsapevole. Difatti, l’evoluzione tecnico-scientifica ha concorso ad amplificare i delitti lega-ti all’utilizzo delle nuove tecnologie, a dimostrazione del fatto che il crimine riesce ad adattarsi – nelle forme e nei contenuti – al mutamento sociale: in tal senso, la rivoluzione digitale ha finito col rappresentare anche una sorta di rivoluzione criminale (cfr. Lorusso, 2011, p. 15). La facilità di accesso e l’assenza iniziale di un controllo delle reti hanno indotto anche i soggetti semplicemente devianti ad un utilizzo illecito del mezzo informatico, agevolando in questo modo il passaggio dalla devianza alla criminalità vera e propria (cfr. De Vivo, Ricci, 2012, p. 26). Tali variabili contribuiscono, infatti, grandemente a ridurre la per-cezione del rischio di essere identificati e puniti (deterrenza della pena), producendo una conseguente riduzione dell’inibizione rispetto alla rea-lizzazione di condotte illecite (cfr. Bravo, 2006). Il nuovo spazio virtuale (cyberspace) possiede determinate caratteri-stiche che il criminale può sfruttare per una buona riuscita del proprio progetto delittuoso. Le principali riguardano l’anonimato, il carattere volatile e dematerializzato – e quindi più vulnerabile – delle informa-zioni e la dimensione globale dei comportamenti perpetrati nella Rete. È in questo modo che l’economicità, la facilità d’accesso e l’anonimato trasformano il cyberspazio in un polo d’attrazione per l’agire deviante (cfr. Merschman, 2001).
2021
9788835119562
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