il testo, scritto a più mani, (con Veronica Dal Buono ed Annalisa Di Roma) introduce i materiali della call del n°12 di MD Journal curata dagli stessi. Il n° 12 di MD Journal intende riflettere sulla relazione che intercorre tra l’artefatto lapideo ed il tempo. Se la società post - consumistica ha legato il proprio modo di relazionarsi con le cose al consumo delle stesse, il materiale lapideo, attraverso la sua dimensione storica dell’arte e dell’architettura, conduce, invece, ad una riflessione sulla durabilità. A questo proposito, citando Tommaso D’Acquino, George Kubler richiama la nozione di aevum per indicare la durata intermedia tra il tempo finito e l’eternità delle anime umane e degli altri esseri celesti, adattabile, a suo dire, “a descrivere la durata di molti artefatti, così duraturi che la loro esistenza precede quella di qualsiasi creatura che vive oggi sulla terra e così indistruttibile da lasciar prevedere, per quanto ne sappiamo, una durata quasi infinita”. Riportando questa definizione al palinsesto dei manufatti, dell’architettura e della città, il tempo, così come lento compone gli strati rocciosi e conferisce qualità meccaniche ed estetiche uniche alla pietra, inesorabile modifica l’espressione dei suoi linguaggi. Se è vero, così come sostenuto da Benjamin, che l’evoluzione dei mezzi tecnici, pone in essere un mutamento dell’espressione simbolica dell’opera d’arte anche in relazione ad una gestualità rinnovata da nuove competenze, il manufatto litico consente di codificare precise sequenze evolutive che si esplicitano dal contesto analogico a quello digitale. Al pari la tecnica e la tecnologia sono mezzo e supporto del mutamento: dalle prime punte di selce alla scrittura incisa, dagli scalpelli guidati dalla mano dell’artigiano alle odierne “macchine virtuose”, le qualità intrinseche della pietra continuano a essere rivelate, configurando la storia dei luoghi e della cultura materiale specifica. Sullo sfondo si pone, inoltre, il mutamento imposto dall’ottica della sostenibilità che attribuisce al materiale lapideo quella specifica di “non rinnovabilità” in riferimento alla fonte di estrazione, di riutilizzabilità come nelle architetture di spoglio, di ricomponibilità come nelle attuali ricerche sul design del materiale a partire dallo scarto di lavorazione. Alle ragioni di questo mutamento si rivolge la call che chiama gli studiosi del design e dell’architettura a finalizzare articoli che propongano gli esiti delle proprie ricerche teoriche e progettuali, indagano le ragioni culturali, tecnico – scientifiche, sociali che riflettono l’immagine del progetto litico nelle diverse scale e con le diverse valenze.

Stone and time

Domenico Antonio Potenza
;
2021-01-01

Abstract

il testo, scritto a più mani, (con Veronica Dal Buono ed Annalisa Di Roma) introduce i materiali della call del n°12 di MD Journal curata dagli stessi. Il n° 12 di MD Journal intende riflettere sulla relazione che intercorre tra l’artefatto lapideo ed il tempo. Se la società post - consumistica ha legato il proprio modo di relazionarsi con le cose al consumo delle stesse, il materiale lapideo, attraverso la sua dimensione storica dell’arte e dell’architettura, conduce, invece, ad una riflessione sulla durabilità. A questo proposito, citando Tommaso D’Acquino, George Kubler richiama la nozione di aevum per indicare la durata intermedia tra il tempo finito e l’eternità delle anime umane e degli altri esseri celesti, adattabile, a suo dire, “a descrivere la durata di molti artefatti, così duraturi che la loro esistenza precede quella di qualsiasi creatura che vive oggi sulla terra e così indistruttibile da lasciar prevedere, per quanto ne sappiamo, una durata quasi infinita”. Riportando questa definizione al palinsesto dei manufatti, dell’architettura e della città, il tempo, così come lento compone gli strati rocciosi e conferisce qualità meccaniche ed estetiche uniche alla pietra, inesorabile modifica l’espressione dei suoi linguaggi. Se è vero, così come sostenuto da Benjamin, che l’evoluzione dei mezzi tecnici, pone in essere un mutamento dell’espressione simbolica dell’opera d’arte anche in relazione ad una gestualità rinnovata da nuove competenze, il manufatto litico consente di codificare precise sequenze evolutive che si esplicitano dal contesto analogico a quello digitale. Al pari la tecnica e la tecnologia sono mezzo e supporto del mutamento: dalle prime punte di selce alla scrittura incisa, dagli scalpelli guidati dalla mano dell’artigiano alle odierne “macchine virtuose”, le qualità intrinseche della pietra continuano a essere rivelate, configurando la storia dei luoghi e della cultura materiale specifica. Sullo sfondo si pone, inoltre, il mutamento imposto dall’ottica della sostenibilità che attribuisce al materiale lapideo quella specifica di “non rinnovabilità” in riferimento alla fonte di estrazione, di riutilizzabilità come nelle architetture di spoglio, di ricomponibilità come nelle attuali ricerche sul design del materiale a partire dallo scarto di lavorazione. Alle ragioni di questo mutamento si rivolge la call che chiama gli studiosi del design e dell’architettura a finalizzare articoli che propongano gli esiti delle proprie ricerche teoriche e progettuali, indagano le ragioni culturali, tecnico – scientifiche, sociali che riflettono l’immagine del progetto litico nelle diverse scale e con le diverse valenze.
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