Il primo principio etico della comunicazione è la presenza dell’altro, non di un’astratta idea dell’altro, ma l’esistenza concreta di significati e ragioni. Ogni comunicazione è interpellazione dell’altro e co-implicazione delle reciproche responsabilità. Ogni dire implica la responsabilità di chi dice, di chi ascolta e di come consapevolmente agiscono reciprocamente orientati. Il problema che rimane è quanto di quello che “si dica, si ascolti e si agisca”, quando anche sia comunque vincolante, abbia l’effetto di un’assunzione reale della responsabilità e quindi di una corrispondente e coerente organizzazione dell’azione individuale e collettiva. Discorsi, argomentazioni, colloqui e conferenze sembrano far emergere responsabilità convenzionali: l’etica del discorso non si trasforma cioè in discorso pratico. Le responsabilità poggiano su una insufficiente morale delle consuetudini che considera come “naturali” anche le conseguenze più dannose dell’agire e, su queste ultime in particolare, si ergono il fraintendimento della comunicazione e le sue “concepibili” mistificazioni.

Quale etica della comunicazione. Metariflessioni

SABRINA SPERANZA
2017-01-01

Abstract

Il primo principio etico della comunicazione è la presenza dell’altro, non di un’astratta idea dell’altro, ma l’esistenza concreta di significati e ragioni. Ogni comunicazione è interpellazione dell’altro e co-implicazione delle reciproche responsabilità. Ogni dire implica la responsabilità di chi dice, di chi ascolta e di come consapevolmente agiscono reciprocamente orientati. Il problema che rimane è quanto di quello che “si dica, si ascolti e si agisca”, quando anche sia comunque vincolante, abbia l’effetto di un’assunzione reale della responsabilità e quindi di una corrispondente e coerente organizzazione dell’azione individuale e collettiva. Discorsi, argomentazioni, colloqui e conferenze sembrano far emergere responsabilità convenzionali: l’etica del discorso non si trasforma cioè in discorso pratico. Le responsabilità poggiano su una insufficiente morale delle consuetudini che considera come “naturali” anche le conseguenze più dannose dell’agire e, su queste ultime in particolare, si ergono il fraintendimento della comunicazione e le sue “concepibili” mistificazioni.
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