Se c’è un’evidenza risultante dalla recente pandemia, in merito agli effetti della prima grande emergenza sanitaria della postmodernità sulla presunta crisi dell’architettura e della città, essa può essere di certo individuata nell’aver accertato che tale crisi è ormai parte integrante della quotidianità delle nostre vite individuali e sociali. Infatti, né le architetture monumentali, né l’architettura diffusa – espressione di saperi costruttivi meno aulici ma ben più consolidati – sono riuscite ad assorbire il colpo inferto da un agente patogeno così insolito e tenace. Tuttavia, l’emergenza pandemica costituisce solo un pretesto. Non ci si è trovati di fronte a una singolarità. Epidemie, disastri ambientali, umanitari e sociopolitici si sono sempre manifestati nella storia e anche le probabilità di diffusione pandemica erano state anticipate dagli studi condotti sulle ricadute ambientali dei processi di globalizzazione in atto. Cos’è è andato davvero in crisi nell’affrontare questa emergenza? Perché questo momento storico ha reso palese la sensazione generalizzata di un avvio definitivo verso lo smantellamento dei presupposti essenziali per l’esistenza dell’architettura? Sono domande che pongono una questione di fondo. Ricondurre tali fenomenologie di crisi alla più gravosa percezione della perdita di senso dell’architettura sottende un altro tema su cui è necessario soffermarsi: cosa possa intendersi oggi per fine dell’architettura.

Fine dell’Architettura o fine dello spazio?

Angelucci
2022-01-01

Abstract

Se c’è un’evidenza risultante dalla recente pandemia, in merito agli effetti della prima grande emergenza sanitaria della postmodernità sulla presunta crisi dell’architettura e della città, essa può essere di certo individuata nell’aver accertato che tale crisi è ormai parte integrante della quotidianità delle nostre vite individuali e sociali. Infatti, né le architetture monumentali, né l’architettura diffusa – espressione di saperi costruttivi meno aulici ma ben più consolidati – sono riuscite ad assorbire il colpo inferto da un agente patogeno così insolito e tenace. Tuttavia, l’emergenza pandemica costituisce solo un pretesto. Non ci si è trovati di fronte a una singolarità. Epidemie, disastri ambientali, umanitari e sociopolitici si sono sempre manifestati nella storia e anche le probabilità di diffusione pandemica erano state anticipate dagli studi condotti sulle ricadute ambientali dei processi di globalizzazione in atto. Cos’è è andato davvero in crisi nell’affrontare questa emergenza? Perché questo momento storico ha reso palese la sensazione generalizzata di un avvio definitivo verso lo smantellamento dei presupposti essenziali per l’esistenza dell’architettura? Sono domande che pongono una questione di fondo. Ricondurre tali fenomenologie di crisi alla più gravosa percezione della perdita di senso dell’architettura sottende un altro tema su cui è necessario soffermarsi: cosa possa intendersi oggi per fine dell’architettura.
2022
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11564/783541
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