Antonio Lasciac è considerato uno dei più importanti architetti goriziani dell’Ottocento e da qualche anno è stato oggetto di un rinnovato interesse scientifico. Nato a Gorizia il 21 settembre 1856 nel quartiere di San Rocco, studiò dapprima nella sua città, quindi, si diplomò al Politecnico di Vienna (1882). Non riuscendo ad affermarsi in campo professionale in Friuli, anche per le simpatie verso l’irredentismo italiano, emigrò nel 1883 ad Alessandria d’Egitto, dove la ricostruzione necessaria a seguito dei bombardamenti inglesi del 1882 aveva attirato molti architetti stranieri. Soprattutto gli italiani diedero n contributo riconoscibile alla nuova immagine della città. Nel 1888 rientrò per breve tempo in Italia. Nel 1895 ritornò in Egitto, dove intraprese una intensa attività per illustri committenti locali, tanto da essere nominato nel 1907 architetto capo dei palazzi khediviali e insignito del titolo onorifico di “bey”. Allo scoppio della Prima guerra mondiale, si trovò nella difficile situazione di suddito asburgico nell’Egitto divenuto protettorato inglese. Considerato un nemico, dovette rinunciare alla carica e venne confinato dagli inglesi a Malta. Fu liberato grazie all’intervento delle autorità italiane e ritornò a Roma per tornare nel 1920 nuovamente in Egitto, suo luogo definitivo di lavoro e residenza. Nel 1929 fu nominato accademico di merito dell’Accademia di San Luca di Roma, dove è conservata una raccolta fotografica di alcune sue opere. Morì il 26 dicembre 1946. Nel 1933, l’ambasciata italiana al Cairo, come accadeva di consueto, propose a Roma un elenco di personalità italiane distintesi per la loro opera in Egitto che avrebbero dovuto ricevere delle onorificenze. Tra le brevi note relative ai diversi candidati, i documenti d’archivio conservano una lunga relazione sull’attività di Antonio Lasciac, indubbiamente uno dei più illustri italiani allora al Cairo, che getta luce su uno degli architetti italiani che ha maggiormente contribuito alla trasformazione urbanistica avvenuta nel paese del Nilo sotto la spinta dei khedivé della dinastia di Mohammed ‘Ali. I sovrani tra Otto e Novecento vollero trasformare Il Cairo e Alessandria in metropoli che potessero competere con le città europee per efficienza, modernità e gusto estetico degli edifici. Per far questo si avvalsero dell’opera di Lasciac e di altri architetti stranieri e talvolta anche di maestranze europee. Il Lasciac fu uno dei principali interpreti di questo movimento di ibridazione artistica e culturale, a seguito del quale portò con sé in Italia uno stile originale, ricco di suggestioni orientali e islamiche. Dopo una rapida presentazione di Antonio Lasciac, collocata nel contesto più ampio della comunità italiana in Egitto tra Otto e Novecento, il saggio si propone di pubblicare integralmente la biografia professionale dell’architetto goriziano conservata nel fondo della Legazione italiana in Egitto presso l’Archivio storico diplomatico del Ministero per gli Affari Esteri e la Cooperazione internazionale. Tale documento consta di 13 pagine dattiloscritte, con alcune aggiunte a mano.

Antonio Lasciac, architetto goriziano tra l'Italia e l'Egitto: un profilo biografico inedito dall'archivio dell'Ambasciata italiana al Cairo

Paola Pizzo
2023-01-01

Abstract

Antonio Lasciac è considerato uno dei più importanti architetti goriziani dell’Ottocento e da qualche anno è stato oggetto di un rinnovato interesse scientifico. Nato a Gorizia il 21 settembre 1856 nel quartiere di San Rocco, studiò dapprima nella sua città, quindi, si diplomò al Politecnico di Vienna (1882). Non riuscendo ad affermarsi in campo professionale in Friuli, anche per le simpatie verso l’irredentismo italiano, emigrò nel 1883 ad Alessandria d’Egitto, dove la ricostruzione necessaria a seguito dei bombardamenti inglesi del 1882 aveva attirato molti architetti stranieri. Soprattutto gli italiani diedero n contributo riconoscibile alla nuova immagine della città. Nel 1888 rientrò per breve tempo in Italia. Nel 1895 ritornò in Egitto, dove intraprese una intensa attività per illustri committenti locali, tanto da essere nominato nel 1907 architetto capo dei palazzi khediviali e insignito del titolo onorifico di “bey”. Allo scoppio della Prima guerra mondiale, si trovò nella difficile situazione di suddito asburgico nell’Egitto divenuto protettorato inglese. Considerato un nemico, dovette rinunciare alla carica e venne confinato dagli inglesi a Malta. Fu liberato grazie all’intervento delle autorità italiane e ritornò a Roma per tornare nel 1920 nuovamente in Egitto, suo luogo definitivo di lavoro e residenza. Nel 1929 fu nominato accademico di merito dell’Accademia di San Luca di Roma, dove è conservata una raccolta fotografica di alcune sue opere. Morì il 26 dicembre 1946. Nel 1933, l’ambasciata italiana al Cairo, come accadeva di consueto, propose a Roma un elenco di personalità italiane distintesi per la loro opera in Egitto che avrebbero dovuto ricevere delle onorificenze. Tra le brevi note relative ai diversi candidati, i documenti d’archivio conservano una lunga relazione sull’attività di Antonio Lasciac, indubbiamente uno dei più illustri italiani allora al Cairo, che getta luce su uno degli architetti italiani che ha maggiormente contribuito alla trasformazione urbanistica avvenuta nel paese del Nilo sotto la spinta dei khedivé della dinastia di Mohammed ‘Ali. I sovrani tra Otto e Novecento vollero trasformare Il Cairo e Alessandria in metropoli che potessero competere con le città europee per efficienza, modernità e gusto estetico degli edifici. Per far questo si avvalsero dell’opera di Lasciac e di altri architetti stranieri e talvolta anche di maestranze europee. Il Lasciac fu uno dei principali interpreti di questo movimento di ibridazione artistica e culturale, a seguito del quale portò con sé in Italia uno stile originale, ricco di suggestioni orientali e islamiche. Dopo una rapida presentazione di Antonio Lasciac, collocata nel contesto più ampio della comunità italiana in Egitto tra Otto e Novecento, il saggio si propone di pubblicare integralmente la biografia professionale dell’architetto goriziano conservata nel fondo della Legazione italiana in Egitto presso l’Archivio storico diplomatico del Ministero per gli Affari Esteri e la Cooperazione internazionale. Tale documento consta di 13 pagine dattiloscritte, con alcune aggiunte a mano.
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