L’articolo si inserisce nel dibattito sul ruolo pubblico delle riviste culturali. L’antica Rivista abruzzese, trimestrale edito dal 1886, sospeso durante il fascismo e ripreso nel 1948 da Francesco Verlengia, viene diretto da Emiliano Giancristofaro nel 1961 e passa nel 2001 alla direzione della figlia, autrice dell’articolo stesso. Questa sua testimonianza racconta in breve le esperienze cronologiche, culturali, regionali e interregionali di ciascuna redazione e concorre a ricostruire un mondo vivo, operoso e spesso poco conosciuto che, tra difficoltà e affanni, raccoglie e documenta i fermenti della ricerca nel territorio e contribuisce a far dialogare gli studiosi sulle complesse problematiche della contemporaneità oltre gli steccati dei linguaggi disciplinari e convenzionali, così che il lavoro degli accademici si intreccia col contributo dei non accademici, in una porosità che fa bene al sapere. L’articolo suggerisce di istituire una rete di coordinamento per confrontarsi sulle virtualità e sulle criticità dell’adozione dell’open access nel settore delle scienze umane, il quale è per sua natura refrattario alle logiche mercantili.

Tempi trimestrali, spazi regionali: la “Rivista Abruzzese” dal 1886 alle sfide dell’open access

Lia Giancristofaro
2023-01-01

Abstract

L’articolo si inserisce nel dibattito sul ruolo pubblico delle riviste culturali. L’antica Rivista abruzzese, trimestrale edito dal 1886, sospeso durante il fascismo e ripreso nel 1948 da Francesco Verlengia, viene diretto da Emiliano Giancristofaro nel 1961 e passa nel 2001 alla direzione della figlia, autrice dell’articolo stesso. Questa sua testimonianza racconta in breve le esperienze cronologiche, culturali, regionali e interregionali di ciascuna redazione e concorre a ricostruire un mondo vivo, operoso e spesso poco conosciuto che, tra difficoltà e affanni, raccoglie e documenta i fermenti della ricerca nel territorio e contribuisce a far dialogare gli studiosi sulle complesse problematiche della contemporaneità oltre gli steccati dei linguaggi disciplinari e convenzionali, così che il lavoro degli accademici si intreccia col contributo dei non accademici, in una porosità che fa bene al sapere. L’articolo suggerisce di istituire una rete di coordinamento per confrontarsi sulle virtualità e sulle criticità dell’adozione dell’open access nel settore delle scienze umane, il quale è per sua natura refrattario alle logiche mercantili.
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