Il Nuovo Regime Climatico (Latour, B. 2015) ha ribaltato ogni sapere consolidato. Rispetto a questo tema, l’urbanistica non è solo in ritardo. È chiamata a dare il proprio contributo alla più grande sfida che l’umanità si è mai trovata a dover affrontare: contrastare i cambiamenti climatici. Di qui l’urgenza di aprirsi a valori diversi dal passato. Tuttavia, i valori non nascono ex nihilo perché affondano le proprie radici nella storia. È questo uno dei motivi principali dal quale deriva la necessità di fare i conti con l’eredità dell’urbanistica moderna. Ereditare non è facile. Impone l’obbligo di assumere una distanza critica dal passato senza negarlo o, peggio, rinnegarlo. Come ha dimostrato di saper fare Giancarlo De Carlo quando, nell’editoriale del 1991 di Spazio & Società, disse: “È tempo di girare il cannocchiale”. L’idea era quella di proporre al dibattito quattro valori verso i quali tendere: l’interdipendenza di tutte le componenti del territorio, l’ecologia, l’ambiente e la transdisciplinarità. Un’eredità plurale che delinea una metodologia di progetto tesa a una profonda revisione della teoria e della pratica professionale. Un’eredità che ha attecchito nella parte muta della coscienza senza diventare grido d’allarme generalizzato; che non è diventata invito a tornare a riflettere sulla città, a reinterpretare il territorio, a riformulare i temi e le domande di ricerca. Un’eredità che, quindi, non ha avuto posterità diretta. E che proprio per questo vale la pena di rileggere. Soprattutto alla luce della legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 che, nel riformare l’art. 9, ha posto l’accento sull’obbligo di tutelare l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni.
Tra urbanistica e cambiamento climatico. Verso una retrospettiva al futuro
Antonio Alberto Clemente
2023-01-01
Abstract
Il Nuovo Regime Climatico (Latour, B. 2015) ha ribaltato ogni sapere consolidato. Rispetto a questo tema, l’urbanistica non è solo in ritardo. È chiamata a dare il proprio contributo alla più grande sfida che l’umanità si è mai trovata a dover affrontare: contrastare i cambiamenti climatici. Di qui l’urgenza di aprirsi a valori diversi dal passato. Tuttavia, i valori non nascono ex nihilo perché affondano le proprie radici nella storia. È questo uno dei motivi principali dal quale deriva la necessità di fare i conti con l’eredità dell’urbanistica moderna. Ereditare non è facile. Impone l’obbligo di assumere una distanza critica dal passato senza negarlo o, peggio, rinnegarlo. Come ha dimostrato di saper fare Giancarlo De Carlo quando, nell’editoriale del 1991 di Spazio & Società, disse: “È tempo di girare il cannocchiale”. L’idea era quella di proporre al dibattito quattro valori verso i quali tendere: l’interdipendenza di tutte le componenti del territorio, l’ecologia, l’ambiente e la transdisciplinarità. Un’eredità plurale che delinea una metodologia di progetto tesa a una profonda revisione della teoria e della pratica professionale. Un’eredità che ha attecchito nella parte muta della coscienza senza diventare grido d’allarme generalizzato; che non è diventata invito a tornare a riflettere sulla città, a reinterpretare il territorio, a riformulare i temi e le domande di ricerca. Un’eredità che, quindi, non ha avuto posterità diretta. E che proprio per questo vale la pena di rileggere. Soprattutto alla luce della legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 che, nel riformare l’art. 9, ha posto l’accento sull’obbligo di tutelare l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.