La comunicazione nei social network è un fenomeno che struttura la socialità del nostro tempo. Luoghi di espressione del sé, incontro e confronto, i nuovi media digi-tali e connettivi generano, al contempo, forme collettive di intelligenza e di barbarie. All’abbondanza comunicativa che caratterizza questo ecosistema sia sul versante della produzione, distribuzione e consumo dell’informazione sia su quello delle interazioni coesiste una forza centrifuga che produce una frammentazione degli spazi pubblici e la formazione di casse di risonanza regolate da principi di omofila e discriminazione dei diversi. Si tratta di vere e proprie filter bubble in cui gli individui tendono a confinarsi all’interno di comfort zone culturalmente chiuse, entro cui risuonano le stesse parole, gli stessi concetti e le medesime convinzioni, che convalidano e radicalizzano gli stessi punti di vista. Sulle riflessioni e argomentazioni prevalgono le espressioni di sostegno e di attacco in un circolo vizioso che incoraggia la polarizzazione tra fazioni e le campagne negative. Queste sfere post-discorsive sono il terreno fertile per strategie di disinformazione manipolatoria dei fatti ma anche per pratiche sociali orientate da antipatia, disprezzo e odio. Il paper intende esaminare il fenomeno emergente dei discorsi d’odio (hate speech), una nuova di violenza verbale che provoca, egualmente – seppur mediata da uno spazio virtuale – delle sofferenze e dei danni sia nella vita pubblica sia in quella privata delle vittime al pari di altre forme di violenza più fisicamente o psicologica-mente tangibili. In primo luogo, avanzeremo una proposta analitica per definire il concetto di hate speech, ricostruendone la struttura enunciativa non-descrittiva e i suoi elementi necessari: 1. l’espressione calunniosa intenzionalmente volta a produr-re l’esclusione o l’emarginazione dal gruppo; 2. il riferimento esplicito al parlante-hater, ossia l’aggressore (io, noi); 3. il riferimento esplicito al target da escludere o emarginare dal gruppo (lei/lui, loro); 4. il riferimento esplicito all’interlocutore incitato a condividere l’esclusione o l’emarginazione del target (tu, voi, noi). Successivamente, sarà considerata la “viralità” dei discorsi d’incitamento all’odio nelle echo chambers, trattando come caso di studio la comunicazione politica sui social network di alcuni leader italiani.

L'hate speech. Definizione e meccanismi di propagazione nei social network

Corchia Luca
Primo
2023-01-01

Abstract

La comunicazione nei social network è un fenomeno che struttura la socialità del nostro tempo. Luoghi di espressione del sé, incontro e confronto, i nuovi media digi-tali e connettivi generano, al contempo, forme collettive di intelligenza e di barbarie. All’abbondanza comunicativa che caratterizza questo ecosistema sia sul versante della produzione, distribuzione e consumo dell’informazione sia su quello delle interazioni coesiste una forza centrifuga che produce una frammentazione degli spazi pubblici e la formazione di casse di risonanza regolate da principi di omofila e discriminazione dei diversi. Si tratta di vere e proprie filter bubble in cui gli individui tendono a confinarsi all’interno di comfort zone culturalmente chiuse, entro cui risuonano le stesse parole, gli stessi concetti e le medesime convinzioni, che convalidano e radicalizzano gli stessi punti di vista. Sulle riflessioni e argomentazioni prevalgono le espressioni di sostegno e di attacco in un circolo vizioso che incoraggia la polarizzazione tra fazioni e le campagne negative. Queste sfere post-discorsive sono il terreno fertile per strategie di disinformazione manipolatoria dei fatti ma anche per pratiche sociali orientate da antipatia, disprezzo e odio. Il paper intende esaminare il fenomeno emergente dei discorsi d’odio (hate speech), una nuova di violenza verbale che provoca, egualmente – seppur mediata da uno spazio virtuale – delle sofferenze e dei danni sia nella vita pubblica sia in quella privata delle vittime al pari di altre forme di violenza più fisicamente o psicologica-mente tangibili. In primo luogo, avanzeremo una proposta analitica per definire il concetto di hate speech, ricostruendone la struttura enunciativa non-descrittiva e i suoi elementi necessari: 1. l’espressione calunniosa intenzionalmente volta a produr-re l’esclusione o l’emarginazione dal gruppo; 2. il riferimento esplicito al parlante-hater, ossia l’aggressore (io, noi); 3. il riferimento esplicito al target da escludere o emarginare dal gruppo (lei/lui, loro); 4. il riferimento esplicito all’interlocutore incitato a condividere l’esclusione o l’emarginazione del target (tu, voi, noi). Successivamente, sarà considerata la “viralità” dei discorsi d’incitamento all’odio nelle echo chambers, trattando come caso di studio la comunicazione politica sui social network di alcuni leader italiani.
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