Nel corso del XX secolo l’Armenia è passata da una effimera indipendenza al regime sovietico, per poi intraprendere un processo di transizione che retaggi storici, condizionamenti geografici e dinamiche geopolitiche hanno reso estremamente problematico. Il periodo che precede la dissoluzione dell’Unione Sovietica e segue la dichiarazione di indipendenza è un momento di grande fervore ideologico, ma è soprattutto un momento di particolare difficoltà, fra distruzioni causate dal terremoto del 1988, esplosione del conflitto del Nagorno-Karabakh, blocco delle forniture energetiche dall’Azerbaigian, crollo del sistema economico centralizzato e isolamento regionale. Per l’Armenia il XX secolo si è poi chiuso con un altro evento drammatico: la strage del Parlamento. L’attentato ha indubbiamente contribuito a rafforzare la deriva autoritaria e nazionalista che ha caratterizzato la vita politica armena almeno fino al 2018, l’anno della “rivoluzione di velluto”, che ha portato alla carica di Primo Ministro il leader dell’opposizione Nikol Pashinyan. È sempre più evidente come la nuova stagione politica armena abbia innescato un peggioramento delle relazioni con Mosca, come sembra confermato dagli accadimenti che si vanno susseguendo dal secondo conflitto del Nagorno-Karabakh (autunno 2020) in poi. In questo articolo si cerca di tracciare un quadro aggiornato dell’Armenia post-sovietica, ancora impegnata, dopo oltre trenta anni di indipendenza, in un difficile processo di transizione alla democrazia liberale, all’economia di mercato, a una struttura sociopolitica che guarda ai valori occidentali e all’Europa con crescente convinzione.

Transizione e vulnerabilità dell’Armenia post-sovietica

Luca Zarrilli
In corso di stampa

Abstract

Nel corso del XX secolo l’Armenia è passata da una effimera indipendenza al regime sovietico, per poi intraprendere un processo di transizione che retaggi storici, condizionamenti geografici e dinamiche geopolitiche hanno reso estremamente problematico. Il periodo che precede la dissoluzione dell’Unione Sovietica e segue la dichiarazione di indipendenza è un momento di grande fervore ideologico, ma è soprattutto un momento di particolare difficoltà, fra distruzioni causate dal terremoto del 1988, esplosione del conflitto del Nagorno-Karabakh, blocco delle forniture energetiche dall’Azerbaigian, crollo del sistema economico centralizzato e isolamento regionale. Per l’Armenia il XX secolo si è poi chiuso con un altro evento drammatico: la strage del Parlamento. L’attentato ha indubbiamente contribuito a rafforzare la deriva autoritaria e nazionalista che ha caratterizzato la vita politica armena almeno fino al 2018, l’anno della “rivoluzione di velluto”, che ha portato alla carica di Primo Ministro il leader dell’opposizione Nikol Pashinyan. È sempre più evidente come la nuova stagione politica armena abbia innescato un peggioramento delle relazioni con Mosca, come sembra confermato dagli accadimenti che si vanno susseguendo dal secondo conflitto del Nagorno-Karabakh (autunno 2020) in poi. In questo articolo si cerca di tracciare un quadro aggiornato dell’Armenia post-sovietica, ancora impegnata, dopo oltre trenta anni di indipendenza, in un difficile processo di transizione alla democrazia liberale, all’economia di mercato, a una struttura sociopolitica che guarda ai valori occidentali e all’Europa con crescente convinzione.
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