Nel saggio l’A. risponde all’invito di Andrea Panzarola a riconsiderare in chiave critica la dottrina di Elio Fazzalari, secondo cui il processo appartiene al genus procedimento, da questo differenziandosi per la partecipazione, in contraddittorio, degli “interessati”, cioè dei destinatari del provvedimento finale. Nel saggio vengono condivise molte delle osservazioni formulate da Panzarola, in particolare, il rilievo secondo cui la neutralità del giudicante costituisce la essenza peculiare del processo, attorno alla quale si coagulano gli altri substantialia processus (in primis, il contraddittorio). Sulla base dei risultati dell’esperienza storica, e di quanto disposto dalle norme di ordine costituzionale e internazionale (art. 111 Cost.; art. 6 CEDU), il processo viene, così, configurato come la struttura deputata a rendere giustizia, nei diversi settori dell’ordinamento (ad esempio, per la risoluzione di una controversia, tra privati o tra privati e P.A., circa la lesione di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo; ovvero per la irrogazione di una sanzione penale). L’esercizio dell’attività giurisdizionale implica di necessità la neutralità del giudicante e la partecipazione dei destinatari dell’atto finale, in posizione di simmetrica parità, alla fase preparatoria del medesimo, in guisa tale che il giudicante debba tener conto dei risultati del contraddittorio. Quanto appena rilevato vale tanto se l’attività decisoria è esercitata dal giudice statuale, quanto se essa è esercitata da giudici privati, stante l’identità dei poteri decisori attribuiti agli arbitri e la fungibilità dei risultati conseguiti. Tenendo conto, peraltro, della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo che, a partire dagli anni ’80 del Novecento, applica i principi sull’equo processo, previsti dall’art. 6 CEDU, anche ai procedimenti amministrativi attinenti a “criminal charges” e “civil rights and obligations”, sembra obbligata la conclusione secondo cui la struttura del giusto processo debba trovare applicazione anche nei procedimenti amministrativi diretti ad irrogare una sanzione, sufficientemente grave e non meramente risarcitoria, per un illecito ex iure publico (ad esempio, le sanzioni antitrust), o a “determinare” un diritto o un obbligo di natura civile (ad esempio, l’espropriazione di un terreno per la realizzazione di un’opera pubblica; il diniego di permesso di costruire; ecc.). La conclusione secondo cui il (giusto) processo è struttura riservata alle attività di tipo giurisdizionale (o para-giurisdizionale) non sembra, tuttavia, in contraddizione logica con la riconduzione di tale struttura al genus più ampio del procedimento, sia pure con le caratteristiche distintive più sopra enucleate. Peraltro, la negazione in radice dell’idea che il processo si sostanzi comunque in una sequenza di atti, e la revisione dei risultati che ne sono scaturiti — soprattutto per merito di Nicola Picardi —, meritano maggiore approfondimento, e potranno conseguire solo all’esito di un rinnovato dibattito, che l’A. auspica essere il più ampio possibile.

Considerazioni sparse su processo e procedimento (brevi note alle osservazioni di Andrea Panzarola a margine di una celebre dottrina)

r. martino
2023-01-01

Abstract

Nel saggio l’A. risponde all’invito di Andrea Panzarola a riconsiderare in chiave critica la dottrina di Elio Fazzalari, secondo cui il processo appartiene al genus procedimento, da questo differenziandosi per la partecipazione, in contraddittorio, degli “interessati”, cioè dei destinatari del provvedimento finale. Nel saggio vengono condivise molte delle osservazioni formulate da Panzarola, in particolare, il rilievo secondo cui la neutralità del giudicante costituisce la essenza peculiare del processo, attorno alla quale si coagulano gli altri substantialia processus (in primis, il contraddittorio). Sulla base dei risultati dell’esperienza storica, e di quanto disposto dalle norme di ordine costituzionale e internazionale (art. 111 Cost.; art. 6 CEDU), il processo viene, così, configurato come la struttura deputata a rendere giustizia, nei diversi settori dell’ordinamento (ad esempio, per la risoluzione di una controversia, tra privati o tra privati e P.A., circa la lesione di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo; ovvero per la irrogazione di una sanzione penale). L’esercizio dell’attività giurisdizionale implica di necessità la neutralità del giudicante e la partecipazione dei destinatari dell’atto finale, in posizione di simmetrica parità, alla fase preparatoria del medesimo, in guisa tale che il giudicante debba tener conto dei risultati del contraddittorio. Quanto appena rilevato vale tanto se l’attività decisoria è esercitata dal giudice statuale, quanto se essa è esercitata da giudici privati, stante l’identità dei poteri decisori attribuiti agli arbitri e la fungibilità dei risultati conseguiti. Tenendo conto, peraltro, della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo che, a partire dagli anni ’80 del Novecento, applica i principi sull’equo processo, previsti dall’art. 6 CEDU, anche ai procedimenti amministrativi attinenti a “criminal charges” e “civil rights and obligations”, sembra obbligata la conclusione secondo cui la struttura del giusto processo debba trovare applicazione anche nei procedimenti amministrativi diretti ad irrogare una sanzione, sufficientemente grave e non meramente risarcitoria, per un illecito ex iure publico (ad esempio, le sanzioni antitrust), o a “determinare” un diritto o un obbligo di natura civile (ad esempio, l’espropriazione di un terreno per la realizzazione di un’opera pubblica; il diniego di permesso di costruire; ecc.). La conclusione secondo cui il (giusto) processo è struttura riservata alle attività di tipo giurisdizionale (o para-giurisdizionale) non sembra, tuttavia, in contraddizione logica con la riconduzione di tale struttura al genus più ampio del procedimento, sia pure con le caratteristiche distintive più sopra enucleate. Peraltro, la negazione in radice dell’idea che il processo si sostanzi comunque in una sequenza di atti, e la revisione dei risultati che ne sono scaturiti — soprattutto per merito di Nicola Picardi —, meritano maggiore approfondimento, e potranno conseguire solo all’esito di un rinnovato dibattito, che l’A. auspica essere il più ampio possibile.
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