L’art. 339, 3° comma, c.p.c., attraverso un semplice avverbio (“esclusivamente”) sembrerebbe limitare il controllo del giudice di secondo grado ai soli profili di diritto della decisione resa dal giudice di pace. Tuttavia, al di là della laconica previsione appena richiamata, il legislatore non ha dettato delle specifiche previsioni. Tale circostanza, unitamente alla collocazione della norma nel capo dedicato all’appello, suggerisce che – nelle intenzioni del legislatore – il nuovo istituto resterebbe comunque regolato dalla ordinaria disciplina dettata per il giudizio di appello. Da qui il problema di stabilire se, nel giudizio di secondo grado avverse le sentenze d’equità del giudice di pace, possano essere dedotti gli errori attinenti alla valutazione delle prove e alla ricostruzione dei fatti extraprocessuali, oltre che i nova (ovviamente, nei ristretti limiti previsti dall’art. 345 c.p.c.) ed i vizi revocatori della sentenza impugnata. L’a. tenta di fornire una risposta positiva, attraverso una interpretazione adeguatrice dell’art. 339, 3° comma, c.p.c. alla garanzia costituzionale dell’effettività del diritto di azione e di difesa delle parti.

L'appello sulle decisioni equitative del giudice di pace

MARTINO, ROBERTO
2014-01-01

Abstract

L’art. 339, 3° comma, c.p.c., attraverso un semplice avverbio (“esclusivamente”) sembrerebbe limitare il controllo del giudice di secondo grado ai soli profili di diritto della decisione resa dal giudice di pace. Tuttavia, al di là della laconica previsione appena richiamata, il legislatore non ha dettato delle specifiche previsioni. Tale circostanza, unitamente alla collocazione della norma nel capo dedicato all’appello, suggerisce che – nelle intenzioni del legislatore – il nuovo istituto resterebbe comunque regolato dalla ordinaria disciplina dettata per il giudizio di appello. Da qui il problema di stabilire se, nel giudizio di secondo grado avverse le sentenze d’equità del giudice di pace, possano essere dedotti gli errori attinenti alla valutazione delle prove e alla ricostruzione dei fatti extraprocessuali, oltre che i nova (ovviamente, nei ristretti limiti previsti dall’art. 345 c.p.c.) ed i vizi revocatori della sentenza impugnata. L’a. tenta di fornire una risposta positiva, attraverso una interpretazione adeguatrice dell’art. 339, 3° comma, c.p.c. alla garanzia costituzionale dell’effettività del diritto di azione e di difesa delle parti.
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