La storia del teatro in Abruzzo si collega al tema, ancora largamente da indagare, della storia dello spettacolo italiano al di là dei principali centri culturali della penisola. Nei secoli passati la regione abruzzese occupava la parte più settentrionale del versante adriatico del Regno di Napoli (1282-1816) e poi del Regno delle Due Sicilie (1816-1861). Durante l'età asburgica gli edifici per spettacolo erano rari in tutta la regione e per molto tempo furono vietati alle compagnie professionali di giro. La Chiesa cattolica controllava non solo la vita spirituale dei cittadini, ma anche le arti, compresa la musica e le rappresentazioni sceniche. La situazione iniziò a cambiare nella seconda metà del Settecento grazie alle riforme politiche avviate dal ministro Bernardo Tanucci sotto il governo borbonico. Il diffondersi di un’ottica liberista e l’incoraggiamento a una maggiore autonomia dell’iniziativa individuale favorì, anche in provincia, la costruzione di nuovi teatri e la nascita di un primo rudimentale sistema teatrale fondato su repertori, artisti e impresari collegati alla spettacolarità partenopea. Con la successiva occupazione napoleonica del Regno di Napoli diminuirono sensibilmente i pregiudizi nei confronti della scena e dei suoi protagonisti. Nonostante le forti resistenze della parte più conservatrice della società, la progettazione di nuove ed efficienti infrastrutture teatrali avviata da Gioacchino Murat proseguì anche negli anni della Restaurazione e consentì all'area del medio e basso Adriatico di essere accolta nei più importanti circuiti teatrali della nascente nazione italiana.
Ai margini del regno: il teatro negli Abruzzi tra Antico Regime e epoca pre-unitaria
spinelli
2024-01-01
Abstract
La storia del teatro in Abruzzo si collega al tema, ancora largamente da indagare, della storia dello spettacolo italiano al di là dei principali centri culturali della penisola. Nei secoli passati la regione abruzzese occupava la parte più settentrionale del versante adriatico del Regno di Napoli (1282-1816) e poi del Regno delle Due Sicilie (1816-1861). Durante l'età asburgica gli edifici per spettacolo erano rari in tutta la regione e per molto tempo furono vietati alle compagnie professionali di giro. La Chiesa cattolica controllava non solo la vita spirituale dei cittadini, ma anche le arti, compresa la musica e le rappresentazioni sceniche. La situazione iniziò a cambiare nella seconda metà del Settecento grazie alle riforme politiche avviate dal ministro Bernardo Tanucci sotto il governo borbonico. Il diffondersi di un’ottica liberista e l’incoraggiamento a una maggiore autonomia dell’iniziativa individuale favorì, anche in provincia, la costruzione di nuovi teatri e la nascita di un primo rudimentale sistema teatrale fondato su repertori, artisti e impresari collegati alla spettacolarità partenopea. Con la successiva occupazione napoleonica del Regno di Napoli diminuirono sensibilmente i pregiudizi nei confronti della scena e dei suoi protagonisti. Nonostante le forti resistenze della parte più conservatrice della società, la progettazione di nuove ed efficienti infrastrutture teatrali avviata da Gioacchino Murat proseguì anche negli anni della Restaurazione e consentì all'area del medio e basso Adriatico di essere accolta nei più importanti circuiti teatrali della nascente nazione italiana.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.