Come sostengono Émile Durkheim e Max Weber, la divisione del lavoro e la specializzazione delle attività umane sono delle caratteristiche fondamentali delle società moderne. Sulla loro scia Pierre Bourdieu ha messo a punto la teoria dei campi, con la quale ha studiato l’organizzazione di microcosmi sociali relativamente autonomi, dotati di proprie istituzioni e modalità di funzionamento. Le rivoluzioni simboliche, cioè le sovversioni di pratiche artistiche e di categorie estetiche, studiate da Bourdieu avvengono all’interno di campi assai autonomi, come quello letterario e quello pittorico dell’Ottocento francese. A differenza di queste sfere culturali, il cinema dispone fin dalle origini di un’autonomia molto limitata da logiche economiche e politiche. Ma è proprio questa dipendenza, in particolare dalla politica, a fare del caso italiano un oggetto di grande interesse. Nella prima metà del Novecento due gruppi di critici-cineasti cercano di sovvertire l’ordine simbolico del settore in Italia: il primo è capeggiato da Blasetti tra gli anni Venti e Trenta, mentre il secondo ruota attorno alla rivista «Cinema» nei primi anni Quaranta. A unirli, la militanza politica, rispettivamente fascista e comunista. Il saggio si propone di mostrare come lo spirito rivoluzionario – uno schema d’azione eteronomo, scaturito da eventi di storia politica (nonostante il fascismo non sia salito al potere attraverso una rivoluzione, ha inculcato nei militanti questa convinzione) – abbia avuto un ruolo determinante nel processo di autonomizzazione del campo cinematografico italiano.

Rivoluzioni politiche e simboliche nel cinema italiano

Andreazza Fabio
2024-01-01

Abstract

Come sostengono Émile Durkheim e Max Weber, la divisione del lavoro e la specializzazione delle attività umane sono delle caratteristiche fondamentali delle società moderne. Sulla loro scia Pierre Bourdieu ha messo a punto la teoria dei campi, con la quale ha studiato l’organizzazione di microcosmi sociali relativamente autonomi, dotati di proprie istituzioni e modalità di funzionamento. Le rivoluzioni simboliche, cioè le sovversioni di pratiche artistiche e di categorie estetiche, studiate da Bourdieu avvengono all’interno di campi assai autonomi, come quello letterario e quello pittorico dell’Ottocento francese. A differenza di queste sfere culturali, il cinema dispone fin dalle origini di un’autonomia molto limitata da logiche economiche e politiche. Ma è proprio questa dipendenza, in particolare dalla politica, a fare del caso italiano un oggetto di grande interesse. Nella prima metà del Novecento due gruppi di critici-cineasti cercano di sovvertire l’ordine simbolico del settore in Italia: il primo è capeggiato da Blasetti tra gli anni Venti e Trenta, mentre il secondo ruota attorno alla rivista «Cinema» nei primi anni Quaranta. A unirli, la militanza politica, rispettivamente fascista e comunista. Il saggio si propone di mostrare come lo spirito rivoluzionario – uno schema d’azione eteronomo, scaturito da eventi di storia politica (nonostante il fascismo non sia salito al potere attraverso una rivoluzione, ha inculcato nei militanti questa convinzione) – abbia avuto un ruolo determinante nel processo di autonomizzazione del campo cinematografico italiano.
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