L’articolo si basa su un’esplorazione dei documenti d’archivio riguardanti gli allievi registi del Centro Sperimentale di Cinematografia durante il fascismo (1935-1943). L’intento è stato quello di studiarli non solo come fonti per una storia di quell’istituzione, ma soprattutto come tracce degli effetti sociali prodotti dalla legittimazione culturale del cinema. Insieme alle preoccupazioni per il controllo politico e l’efficienza economica, questo processo ha avuto un notevole impatto sulle scelte del governo fascista nel settore cinematografico. Lo Stato, disponendo del monopolio di definizione del bene pubblico, esercita sempre un forte potere legittimante su ciò che rientra nel suo raggio d’azione: tale potere era particolarmente accentuato nel regime fondato da Mussolini. È perciò ragionevole pensare che una scuola statale di cinema stimolasse una parte dei giovani provenienti dagli strati colti della società a maturare la convinzione di mettersi in gioco nella professione cinematografica. In particolare nella regia, da tempo l’attività più prestigiosa del settore. Per verificare tale ipotesi l’articolo propone nella prima parte un’analisi statistica delle origini geosociali degli allievi registi durante il fascismo. I risultati evidenziano un peso determinante del capitale culturale della famiglia di provenienza, tuttavia non decisivo per la riuscita professionale. Nella seconda parte l’unità di analisi si riduce a due allievi, per studiarne i documenti in modo intensivo. Attraverso una comparazione contrastiva, si vede come le categorie da essi impiegate per elaborare i loro punti di vista sul cinema siano state condizionate dalle loro diverse esperienze sociali.

Effetti di legittimazione. Gli allievi registi del Centro Sperimentale di Cinematografia durante il fascismo

Andreazza, Fabio
2023-01-01

Abstract

L’articolo si basa su un’esplorazione dei documenti d’archivio riguardanti gli allievi registi del Centro Sperimentale di Cinematografia durante il fascismo (1935-1943). L’intento è stato quello di studiarli non solo come fonti per una storia di quell’istituzione, ma soprattutto come tracce degli effetti sociali prodotti dalla legittimazione culturale del cinema. Insieme alle preoccupazioni per il controllo politico e l’efficienza economica, questo processo ha avuto un notevole impatto sulle scelte del governo fascista nel settore cinematografico. Lo Stato, disponendo del monopolio di definizione del bene pubblico, esercita sempre un forte potere legittimante su ciò che rientra nel suo raggio d’azione: tale potere era particolarmente accentuato nel regime fondato da Mussolini. È perciò ragionevole pensare che una scuola statale di cinema stimolasse una parte dei giovani provenienti dagli strati colti della società a maturare la convinzione di mettersi in gioco nella professione cinematografica. In particolare nella regia, da tempo l’attività più prestigiosa del settore. Per verificare tale ipotesi l’articolo propone nella prima parte un’analisi statistica delle origini geosociali degli allievi registi durante il fascismo. I risultati evidenziano un peso determinante del capitale culturale della famiglia di provenienza, tuttavia non decisivo per la riuscita professionale. Nella seconda parte l’unità di analisi si riduce a due allievi, per studiarne i documenti in modo intensivo. Attraverso una comparazione contrastiva, si vede come le categorie da essi impiegate per elaborare i loro punti di vista sul cinema siano state condizionate dalle loro diverse esperienze sociali.
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