L’utilizzo degli inibitori dei checkpoint del sistema immunitario come opzione nel trattamento del cancro rappresenta una delle più importanti innovazioni degli ultimi anni. Infatti, l’utilizzo di tali molecole è emerso come trattamento in numerose forme di tumore come il melanoma metastatico, il cancro polmonare non a piccole cellule (NSCLC), carcinoma renale e tumori del tratto uroteliale. Inoltre, sono in corso sperimentazioni sul cancro della mammella, testa-collo ed alcuni tumori solidi ed ematologici. L’AIFA ha recentemente approvato la rimborsabilità per due anticorpi monoclonali anti PD-1, Nivolumab (Opdivo®) e Pembrolizumab (Keytruda®), nel trattamento in II linea dell’adenocarcinoma polmonare metastatico. Scopo del presente lavoro è operare un confronto tra le due molecole prendendo in considerazione più fattori (farmacologici, economici, regolatori) sulla base dei dati ad oggi disponibili. Per effettuare un paragone tra le due molecole sono stati presi in considerazione i due studi registrativi per l’indicazione nell’adenocarcinoma polmonare, Checkmate 057 per il Nivolumab e Keynote 010 per il Pembrolizumab, inoltre sono stati considerati i prezzi di acquisto da parte delle Aziende Sanitarie, le linee guida ESMO e le schede cartacee per la registrazione dei trattamenti sul Registro AIFA. Paragonando i costi relativi esclusivamente all’acquisto del farmaco, il Pembrolizumab ha un costo superiore a Nivolumab del 6,3%; peraltro Pembrolizumab ha un regime di somministrazione trisettimanale e Nivolumab bisettimanale. Dalla scheda cartacea AIFA il Nivolumab è autorizzato solo in II linea con un ECOG di 0-1 mentre il Pembrolizumab può essere utilizzato anche in linee successive alla seconda con un ECOG fino a 2. L’utilizzo di Pembrolizumab è comunque legato ad una espressione di PD-L1 almeno dell’1%. La raccomandazione ESMO riguardante l’utilizzo di Nivolumab in II linea nei pazienti con adenocarcinoma polmonare rispetto al docetaxel è I, B per i pazienti PD-L1 positivi; II, A per i pazienti PD-L1 negativi. Pembrolizumab può essere utilizzato per la stessa indicazione solo nei pazienti PD-L1 positivi e la raccomandazione ESMO in questo caso è I, A. Sotto il profilo tossicologico, per entrambi i farmaci si sono verificati effetti avversi di ogni grado in circa il 60% dei pazienti e di grado 3-4 in circa il 10%. In entrambi gli studi è stata valutata l’efficacia delle nuove molecole in pazienti affetti da adenocarcinoma polmonare che avevano già ricevuto almeno una linea di trattamento VS la terapia standard con Docetaxel 75 mg/m2 q21. Un end point primario è l’overall survival (OS) in entrambi gli studi. Nello studio Checkmate 057 sono stati inclusi tutti i pazienti a prescindere dall’espressione tumorale di PD-L1, l’88% aveva ricevuto una linea terapeutica e l’11% due. Nello studio Keynote 010 sono stati inclusi pazienti con almeno l’1% di espressione di PD-L1, circa il 70% aveva ricevuto una linea terapeutica, il 20% due e il 10% tre o più; è stato considerato solo il dosaggio 2 mg/kg q21. Nivolumab ha ottenuto una OS mediana di 12,2 mesi contro i 9,4 di docetaxel con un HR di 0,73; Pembrolizumab ha raggiunto una OS mediana di 10,4 mesi contro 8,5 di docetaxel con HR di 0,71: da notare che considerando solo la coorte di pazienti con PD-L1 espresso più dell’1% il Nivolumab raggiunge un HR di 0,59. L’introduzione dell’immunoterapia nel trattamento dell’adenocarcinoma polmonare rappresenta una nuova strategia terapeutica a disposizione degli oncologi che permette da un lato di ottenere una più lunga sopravvivenza e dall’altro una incidenza di effetti collaterali di gran lunga inferiore rispetto al docetaxel. La differenza di prezzo tra i due trattamenti è di per sé contenuta e considerando i differenti schemi posologici e quindi i costi annessi alla somministrazione (dispositivi, personale) si riduce ulteriormente. Inoltre, lo schema trisettimanale del Pembrolizumab ha una compliance migliore. In conclusione, sembrerebbe opportuno valutare l’espressione di PD-L1 e in base al risultato decidere la terapia: in presenza di espressione di PD-L1 utilizzare il Pembrolizumab riservando l’utilizzo del Nivolumab per i pazienti PD-L1 negativi; tale valutazione è in accordo con le linee guida ESMO.

45: L’UTILIZZO DELL’IMMUNOTERAPIA PER IL TRATTAMENTO DELL’ADENOCARCINOMA POLMONARE IN II LINEA: NIVOLUMAB VS PEMBROLIZUMAB

Natoli C;
2017-01-01

Abstract

L’utilizzo degli inibitori dei checkpoint del sistema immunitario come opzione nel trattamento del cancro rappresenta una delle più importanti innovazioni degli ultimi anni. Infatti, l’utilizzo di tali molecole è emerso come trattamento in numerose forme di tumore come il melanoma metastatico, il cancro polmonare non a piccole cellule (NSCLC), carcinoma renale e tumori del tratto uroteliale. Inoltre, sono in corso sperimentazioni sul cancro della mammella, testa-collo ed alcuni tumori solidi ed ematologici. L’AIFA ha recentemente approvato la rimborsabilità per due anticorpi monoclonali anti PD-1, Nivolumab (Opdivo®) e Pembrolizumab (Keytruda®), nel trattamento in II linea dell’adenocarcinoma polmonare metastatico. Scopo del presente lavoro è operare un confronto tra le due molecole prendendo in considerazione più fattori (farmacologici, economici, regolatori) sulla base dei dati ad oggi disponibili. Per effettuare un paragone tra le due molecole sono stati presi in considerazione i due studi registrativi per l’indicazione nell’adenocarcinoma polmonare, Checkmate 057 per il Nivolumab e Keynote 010 per il Pembrolizumab, inoltre sono stati considerati i prezzi di acquisto da parte delle Aziende Sanitarie, le linee guida ESMO e le schede cartacee per la registrazione dei trattamenti sul Registro AIFA. Paragonando i costi relativi esclusivamente all’acquisto del farmaco, il Pembrolizumab ha un costo superiore a Nivolumab del 6,3%; peraltro Pembrolizumab ha un regime di somministrazione trisettimanale e Nivolumab bisettimanale. Dalla scheda cartacea AIFA il Nivolumab è autorizzato solo in II linea con un ECOG di 0-1 mentre il Pembrolizumab può essere utilizzato anche in linee successive alla seconda con un ECOG fino a 2. L’utilizzo di Pembrolizumab è comunque legato ad una espressione di PD-L1 almeno dell’1%. La raccomandazione ESMO riguardante l’utilizzo di Nivolumab in II linea nei pazienti con adenocarcinoma polmonare rispetto al docetaxel è I, B per i pazienti PD-L1 positivi; II, A per i pazienti PD-L1 negativi. Pembrolizumab può essere utilizzato per la stessa indicazione solo nei pazienti PD-L1 positivi e la raccomandazione ESMO in questo caso è I, A. Sotto il profilo tossicologico, per entrambi i farmaci si sono verificati effetti avversi di ogni grado in circa il 60% dei pazienti e di grado 3-4 in circa il 10%. In entrambi gli studi è stata valutata l’efficacia delle nuove molecole in pazienti affetti da adenocarcinoma polmonare che avevano già ricevuto almeno una linea di trattamento VS la terapia standard con Docetaxel 75 mg/m2 q21. Un end point primario è l’overall survival (OS) in entrambi gli studi. Nello studio Checkmate 057 sono stati inclusi tutti i pazienti a prescindere dall’espressione tumorale di PD-L1, l’88% aveva ricevuto una linea terapeutica e l’11% due. Nello studio Keynote 010 sono stati inclusi pazienti con almeno l’1% di espressione di PD-L1, circa il 70% aveva ricevuto una linea terapeutica, il 20% due e il 10% tre o più; è stato considerato solo il dosaggio 2 mg/kg q21. Nivolumab ha ottenuto una OS mediana di 12,2 mesi contro i 9,4 di docetaxel con un HR di 0,73; Pembrolizumab ha raggiunto una OS mediana di 10,4 mesi contro 8,5 di docetaxel con HR di 0,71: da notare che considerando solo la coorte di pazienti con PD-L1 espresso più dell’1% il Nivolumab raggiunge un HR di 0,59. L’introduzione dell’immunoterapia nel trattamento dell’adenocarcinoma polmonare rappresenta una nuova strategia terapeutica a disposizione degli oncologi che permette da un lato di ottenere una più lunga sopravvivenza e dall’altro una incidenza di effetti collaterali di gran lunga inferiore rispetto al docetaxel. La differenza di prezzo tra i due trattamenti è di per sé contenuta e considerando i differenti schemi posologici e quindi i costi annessi alla somministrazione (dispositivi, personale) si riduce ulteriormente. Inoltre, lo schema trisettimanale del Pembrolizumab ha una compliance migliore. In conclusione, sembrerebbe opportuno valutare l’espressione di PD-L1 e in base al risultato decidere la terapia: in presenza di espressione di PD-L1 utilizzare il Pembrolizumab riservando l’utilizzo del Nivolumab per i pazienti PD-L1 negativi; tale valutazione è in accordo con le linee guida ESMO.
2017
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