Con la diffusione dei dispositivi digitali portatili e indossabili e le nuove forme di supporto in rete alle attività formative non sono cambiati solo i processi di conoscenza e apprendimento dei valori della città storica. Sono mutati integralmente i rapporti di percezione, fruizione, gestione e ipotesi di trasformazione dei suoi spazi collettivi. La città storica è studiata per immagini bidimensionali, distinta dal resto dalle espansioni moderne e contemporanee e sempre più assimilata a un prodotto da esperire velocemente e senza indugi. Il processo di accesso, attraversamento e sosta degli spazi urbani storici si compie ormai annullando totalmente l’esperienza quadri-dimensionale e spazio-temporale del vivere insieme. Decadono così sia i caratteri di convivialità dello spazio storico, sia i legami fra esperienza e performance che ne hanno modellato per secoli materiali, geometrie ed espressività. In questo quadro di riferimento, recuperare i piaceri della passeggiata, della misurazione, del ridisegno, del riposo, della sosta o dello sguardo verso i paesaggi può costituire un’importante risorsa per riappropriarsi degli spazi collettivi della città storica. Colin Ward individuava nel gioco un’esperienza fondamentale per la crescita e l’apprendimento dei bambini. Giocando, il bambino anticipa e simula le esperienze della vita adulta e l’interazione con la natura, la città, gli oggetti, le persone. Anche gli adulti attraverso la modalità giocosa si mettono alla prova ed esperiscono l’esistenza delle differenze e delle alterità, imparando dai propri errori. Rispetto alle potenzialità del gioco, le tecnologie di progetto assumono una particolare centralità nel determinare condizioni per riabilitare abitanti e utenti a esperire in modo nuovo lo spazio non costruito della città storica. Gli autori propongono una riflessione sulle evidenze metodologico-operative emerse in un’esperienza integrata di ricerca, didattica e formazione, condotta in una piccola città abruzzese. Attraverso differenti declinazioni del “gioco serio”, diversi target di utenza, stakeholder e docenza si sono confrontati in un processo conoscitivo, analitico, critico e propositivo che ha visto interagire varie tecnologie di progetto, analogiche e digitali, impiegate nelle discipline tecnologico-ambientali, storiche, urbanistiche e della geomatica. I partecipanti sono stati coinvolti in un percorso euristico-esperienziale basato su alternanze e sinergie fra learning by using, learning by interacting, learning by doing e learning by working. L’intero processo è stato orientato a ridefinire condizioni abilitanti affinché le persone tornino a usare e vivere in modo appropriato gli spazi abitativi aperti della città storica, proponendo, dal basso, interventi per migliorare l’inclusione sociale, le alternative di mobilità e il networking.

Il gioco “serio” negli spazi pubblici della città storica. Tecnologie e processi per l’inclusione, le mobilità eco-alternative e il networking

Filippo Angelucci
;
Giovanni Mataloni
;
Federico Bulfone Gransinigh
;
Claudia Di Girolamo
;
2020-01-01

Abstract

Con la diffusione dei dispositivi digitali portatili e indossabili e le nuove forme di supporto in rete alle attività formative non sono cambiati solo i processi di conoscenza e apprendimento dei valori della città storica. Sono mutati integralmente i rapporti di percezione, fruizione, gestione e ipotesi di trasformazione dei suoi spazi collettivi. La città storica è studiata per immagini bidimensionali, distinta dal resto dalle espansioni moderne e contemporanee e sempre più assimilata a un prodotto da esperire velocemente e senza indugi. Il processo di accesso, attraversamento e sosta degli spazi urbani storici si compie ormai annullando totalmente l’esperienza quadri-dimensionale e spazio-temporale del vivere insieme. Decadono così sia i caratteri di convivialità dello spazio storico, sia i legami fra esperienza e performance che ne hanno modellato per secoli materiali, geometrie ed espressività. In questo quadro di riferimento, recuperare i piaceri della passeggiata, della misurazione, del ridisegno, del riposo, della sosta o dello sguardo verso i paesaggi può costituire un’importante risorsa per riappropriarsi degli spazi collettivi della città storica. Colin Ward individuava nel gioco un’esperienza fondamentale per la crescita e l’apprendimento dei bambini. Giocando, il bambino anticipa e simula le esperienze della vita adulta e l’interazione con la natura, la città, gli oggetti, le persone. Anche gli adulti attraverso la modalità giocosa si mettono alla prova ed esperiscono l’esistenza delle differenze e delle alterità, imparando dai propri errori. Rispetto alle potenzialità del gioco, le tecnologie di progetto assumono una particolare centralità nel determinare condizioni per riabilitare abitanti e utenti a esperire in modo nuovo lo spazio non costruito della città storica. Gli autori propongono una riflessione sulle evidenze metodologico-operative emerse in un’esperienza integrata di ricerca, didattica e formazione, condotta in una piccola città abruzzese. Attraverso differenti declinazioni del “gioco serio”, diversi target di utenza, stakeholder e docenza si sono confrontati in un processo conoscitivo, analitico, critico e propositivo che ha visto interagire varie tecnologie di progetto, analogiche e digitali, impiegate nelle discipline tecnologico-ambientali, storiche, urbanistiche e della geomatica. I partecipanti sono stati coinvolti in un percorso euristico-esperienziale basato su alternanze e sinergie fra learning by using, learning by interacting, learning by doing e learning by working. L’intero processo è stato orientato a ridefinire condizioni abilitanti affinché le persone tornino a usare e vivere in modo appropriato gli spazi abitativi aperti della città storica, proponendo, dal basso, interventi per migliorare l’inclusione sociale, le alternative di mobilità e il networking.
2020
Abitare Collettivo Sostenibile
978-84-09-20369-7
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