Questo articolo indaga l'opera "Trousse" (1975) di Renato Mambor come dispositivo artistico e scenico che prefigura concetti fondamentali delle scienze cognitive contemporanee. Partendo dall'analisi di Trousse come scultura metallica trasformata in spazio teatrale, lo studio esplora come l'opera funzioni quale metafora della mente estesa e dello spazio incarnato dell'esperienza. Attraverso una prospettiva interdisciplinare che integra neuroscienze cognitive, psicologia della percezione, teoria teatrale e filosofia della mente, l'articolo dimostra come Trousse incarni il modello 4E della cognizione (embodied, embedded, enacted, extended). L'opera viene interpretata come spazio liminale e soglia simbolica che attiva processi di interazione complessi tra soggetto-oggetto, trasformando l'osservatore in attore attraverso un'esperienza fenomenologica incarnata. L'analisi evidenzia come lo spazio scenico di Trousse agisca non come semplice cornice, ma come mediatore attivo che facilita la percezione multisensoriale e la costruzione di significati, prefigurando teorie contemporanee sulla cognizione estesa e l'enazione. Il contributo restituisce una lettura innovativa della poetica di Mambor, collocandola nel contesto delle ricerche attuali sui rapporti tra corpo, mente, ambiente e tecnologia.

Trousse nel teatro e nell’arte di Renato Mambor: dispositivo incarnato della mente estesa

Sara Uboldi
Primo
;
Alessandro Bortolotti;Giulia Candeloro;Luciana Mastrolonardo;Pierluigi Sacco;
2024-01-01

Abstract

Questo articolo indaga l'opera "Trousse" (1975) di Renato Mambor come dispositivo artistico e scenico che prefigura concetti fondamentali delle scienze cognitive contemporanee. Partendo dall'analisi di Trousse come scultura metallica trasformata in spazio teatrale, lo studio esplora come l'opera funzioni quale metafora della mente estesa e dello spazio incarnato dell'esperienza. Attraverso una prospettiva interdisciplinare che integra neuroscienze cognitive, psicologia della percezione, teoria teatrale e filosofia della mente, l'articolo dimostra come Trousse incarni il modello 4E della cognizione (embodied, embedded, enacted, extended). L'opera viene interpretata come spazio liminale e soglia simbolica che attiva processi di interazione complessi tra soggetto-oggetto, trasformando l'osservatore in attore attraverso un'esperienza fenomenologica incarnata. L'analisi evidenzia come lo spazio scenico di Trousse agisca non come semplice cornice, ma come mediatore attivo che facilita la percezione multisensoriale e la costruzione di significati, prefigurando teorie contemporanee sulla cognizione estesa e l'enazione. Il contributo restituisce una lettura innovativa della poetica di Mambor, collocandola nel contesto delle ricerche attuali sui rapporti tra corpo, mente, ambiente e tecnologia.
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